
sono le 20.50 del 12/02/2011
buona sera, per meglio far comprendere quanto scritto nel post precedente…successivo, son andato a ripescare quanto aveva scritto un amico in base ai miei racconti, della stesura di ciò io ero completamente all’oscuro e solo dopo mesi mi è stata recapitata il titolo era “AUTOCURA”
Sai, non so se dirti quello che mi è capitato perchè ho paura che tu mi prenda per pazzo…ma ieri ci ho pensato su tutto il giorno…insomma…
La scorsa notte mi è tornato l’acuto dolore al fegato e allo stomaco.
Di dolore ai visceri ne so qualcosa.
Come sai, dopo la mia ultima crisi acuta al pancreas sono stato ricoverato d’urgenza all’ospedale.
Con quella del pancreas me la sono vista brutta.
Insieme ai dolori è tornata la paura.
Questa volta però, si sono risvegliate in me delle forze – non so che altro termine usare – che non sapevo nemmeno di possedere.
Ma soprattutto non credevo che tali risorse, inervenute in mia difesa contro il dolore, potessero agire nel modo in cui lo hanno fatto e che ora cercherò di descrivere.
Devo riconoscere che non sono stato propriamente io a metterle in moto ma qualcosa in me di misterioso che ha dettato con precisione le fasi di questa complessa operazione.
Ma andiamo per gradi.
Prima di tutto c’è stato un fortissimo dolore; poi la paura e la preoccupazione di dover ricominciare la via crucis del percorso ospedaliero: da qui è partito in modo spontaneo lo stratagemma che la mia immaginazione ha utilizzato per raggiungere la profondità nascosta dei miei organi interni al fine di risolvere la questione.
E qui comicia il bello.
Il mio cervello si è come sdoppiato, o meglio, la parte sinistra e quella destra hanno cominciato a lavorare in modo autonomo.
La parte sinistra ha mantenuto i consueti percorsi di pensieri e immagini legate alla mia vita quotidiana: con essa ho dunque continuato a pensare a ciò che di solito mi viene in mente prima di addormentarmi.
La parte destra, invece, si è messa in moto in modo sorprendente.
E’ come se un minuscolo occhio si fosse fatto largo all’interno del mio corpo e avesse raggiunto il posto da cui sentivo giungere il dolore.
Così ho potuto vedere una sorta di grosso insetto schifoso conficcato per metà dentro il mio fegato: un animale nero e indaffarato che cercava di penetrare più a fondo
Vedevo soltanto la sua parte posteriore… pelosa… e fornita di zampe, anch’esse pelose, i cui movimenti favorivano il suo spingersi dentro la mia carne dolorante.
Vincendo un’indicibile ribrezzo ho afferrato quella specie di zecca spaventosa ed enorme ed è iniziato il mio tentativo di tirarla fuori.
Ma la fatica che provavo nel cercare di tirarla fuori era quasi sovrumana.
Ogni centimetro conquistato mi costava uno sforzo tremendo.
Più mi prodigavo per disincarnarla e più il dolore sembrava acutizzarsi, come se la bestia si fosse attaccata con le fauci e le zampe anteriori in modo così tenace da lacerare i tessuti de mio fegato ad ogni strappo.
Grondavo sudore e temevo di non riuscire a liberarmene ma, a forza di fare, finalmente l’ho stanata.
E, una volta tolta di lì, non era più un insetto con zampe, peli, ecc… ma un ammasso nero,vivoe brulicante… ancor più repellente… che sentivo e sapevo di dover spszzare via.
Questa cosa viva la percepivo come una e molteplice nello stesso tempo.
Era inquietante ma non potevo mollare.
Il mio lavoro consisteva nel raschiarla via gettandola in un buco nero che si era aperto davanti a me e che sapevo di poter svuotare andando a orinare.
Ma per quanto mi dessi da fare a spingere e scaraventare nel buco quel cumulo vivo di sostanza immonda il mi sforzo sembrava inutile: avevo la sensazione che il mucchio formicolante tendesse ad aumentare piuttosto che diminuire.
Soltanto dopo molto tempo mi resi conto che il pullulare minaccioso di quella roba cominciava a calare e che la mia fatica non era spesa invano.
Nel frattempo però iniziavo a sentire distintamente un’altra fitta di dolore, questa allo stmaco, ed ebbi la certezza che era giunto il momento di andare a combattere anche là.
Adesso avrei dovuto lottare su due fronti.
Come fare?
In verità non me lo chiesi nemmeno e anche questa volta la risposta giunse spontanea e altrettanto impensata.
La parte destra del mio cervello si divise ulteriormente in due e, mentre una di tali frazioni continuava a occuparsi dell’animata porcheria in cui si era trasformato l’orrendo insetto inviando sul luogo le forze necessarie a spazzarla via, l’altra parte dirigeva un piccolo occhio verso la massa umida del mio stomaco.
Qui la scena che si presentava era diversa ma non meno allarmante.
C’era un fiume che scendeva verso il basso e, in mezzo ad esso, emergeva un grosso scoglio che divideva il corso d’acqua in due.
Era questo ostacolo l’origine del mio dolore.
Non chiedetemi come facevo a saperlo.
Sapevo soltanto, come prima, che dovevo rimuoverlo.
Provai dunque a spingere la roccia scura e viscida nella direzione del flusso ma senza risultato.
Come un grosso dente nero e dolorante il pietrone se ne stava lì piantato e non c’era verso di muoverlo.
Per scardinarlo avrei dovuto agire su più punti di esso, tutto intorno, esercitando la mia pressione su tutti i lati.
L’acqua iniziò quindi ad agitarsi e il fiume si trasformò in un vortice schiumoso che ruotava intorno alla maledetta roccia.
Di nuovo provavo una fatica immane, come se tutta quella forza dell’acqua fosse sottrata a me.
Intanto l’altra parte del mio cervello destro non cessava di lavorare per ripulire del tutto il mio fegato e lo faceva, ora, attraverso un piccolo esercito di spazzini a cui aveva impartito l’ordine di raggiungerlo con il compito di perseverare, senza indugio, nella bonifica… mentre il grosso delle mie energie era occupato altrove.
I soldati-spazzini stavano compiendo egregiamente il loro lavoro quando, sull’altro fronte, anche il masso dava segno di cedere.
Dapprima si nosse lentamente, poi cominciò a dondolare tra i flutti finchè non si spezzò in due e via via prese a rompersi in frammenti sempre più piccoli che ora l’acqua riusciva a portarsi via.
In questo modo è cessato il dolore allo stomaco.
Per quanto riguarda il dolore al fegato, il lavoro del mio piccolo esercito deve continuare tuttora, per tenerlo a bada, ma sono tranquillo perchè i minuscoli soldati-spazzini svolgono le operazioni di pulizia in modo eccellente e sono sicuro che riusciranno a mantenere l’ordine tra le pieghe dei miei organi.
credo che quanto scritto possa essere d’aiuto a comprendere come stanno le cose, buona notte cgdg sono le 20.56 d.o.